XVI Congresso Società Psicoanalitica Italiana - 2012
Tra Antigone e Creonte: ovvero Narciso e le zebre pedonali.
C'e' un verso che non compare negli atti del congresso e che indica le zebre pedonali come il luogo di intersezione tra le istanze dell'individuo e quelle del gruppo, tra la fragilità e il diritto del singolo e la forza e il potere della massa.
Con questa potente immagine poetica, Valerio Magrelli ha toccato il cuore della platea, creando la cornice emotiva della prima giornata del XVI Congresso della Società Psicoanalitica Italiana su "Realtà psichica e regole sociali".
Sulle zebre passa Antigone per dare sepoltura al cadavere del fratello, animata da un sentimento che non e' eros ma philia. La regola originaria proposta da Silvana Borutti e' nel riconoscere la nostra costituzione originariamente eterologica: la relazione non sopravviene a unire soggettività monadiche ma e' costitutiva dell'essere stesso della soggettività e la philia e' ciò che ci lega all'altro in una condizione di continua alterazione del se' da parte dell'altro. Nel sym-philein del testo sofocleo, la messa in comune dell'amore, si esprime la dirompente valenza politica che anima Antigone: philia come ethos condiviso che si oppone alle leggi dello stato per fondarne altre. Antigone chiarisce che non si sarebbe opposta alle leggi dello stato se il cadavere da seppellire fosse stato quello del marito: la philia di Antigone non va letta entro le categorie dell'opposizione polis/ghenos, città/famiglia; ella non intende opporre il soggetto costituito dall'appartenenza di sangue a quello costituito dall'appartenenza alla legge della città. Il senso politico dell'azione di Antigone sta nel fatto che l'amore per il fratello svela il problema dell'intersoggettivita', svela cioè che il rapporto con l'altro e' per il soggetto una relazione inclusiva, dell'altro nel se' e del se' nell'altro.
Ascoltando l'intervento di Lorena Preta ho visto passare sulle zebre pedonali gli oggetti, proprio le cose della vita quotidiana che ci circondano e da cui dipendiamo e che determinano forme, modi e tempi del nostro porci in relazione con l'altro e con l'esterno. E' l'invito a sperimentare un rapporto meno condizionato dalla dimensione operativa del rapporto con gli oggetti e di esplorarli in una forma nuova, una percezione decondizionata che permetta di ridefinire la nostra posizione soggettiva e di cambiare i termini della relazione soggetto-oggetto. Prendere partito per le cose comporta riattivare una percezione meno ovvia della realtà materiale: "... nominando nuovamente le cose secondo originali attribuzioni di significato, riscoprendo la loro estraneità radicale ma per ritrovarne i vari strati che le compongono, rendendole così suscettibili di urtare la soggettività e spiazzarla.".
Sono poi transitati i pazienti e gli analisti ai tempi di liquidità sociale ed economica. Della questione della 'liquidità analitica' si e' occupato Alessandro Garella, una riflessione dal vertice psicoanalitico freudiano sulle patologie emergenti nella società contemporanea (pazienti non-nevrotici, borderline, psicotici non-sintomatici, patologie come-se', falsi se, ecc.) e delle risposte che la psicoanalisi e' sollecitata a dare senza snaturare se stessa.
La platea ha seguito e si e' appassionata nel confronto serrato che ha animato la plenaria del secondo giorno del congresso tra i due esterni alla Spi, il banchiere e la sindacalista. Sarebbe difficile e arbitrario riassumere le posizioni espresse 'a braccio' da Alessandro Profumo e Susanna Camusso e mi affido ancora all'immagine delle zebre pedonali: da un lato le ragioni e i valori di chi fa impresa e invoca e pratica (o dovrebbe praticare) regole certe del codice stradale che permettano un più fluido flusso del traffico economico a vantaggio della collettività; dall'altro i lavoratori e il Lavoro (lettera maiuscola!) spesso minacciati da un flusso senza regole dei capitali finanziari. Superfluo dire da che parte batteva il cuore del congresso..
Un'ulteriore declinazione del rapporto tra individuo e gruppo nell'articolato intervento di Vincenzo Bonaminio. La prima parte della relazione ha focalizzato il complesso rapporto tra lo psicoanalista e comunità psicoanalitica alla luce del rapporto dialettico tra i principi della psicoanalisi e le regole della pratica psicoanalitica: vi e' una sostanziale e feconda contraddizione tra la necessita' dei principi che fondano la nostra disciplina e le regole che da esse derivano che richiedono un certo grado di variazioni legate al contesto. Se il dibattito sulla scientificità della psicoanalisi e' di stringente attualità all'interno della nostra Società e nel rapporto tra la Spi e la comunità scientifica, Bonaminio si e' soffermato sull'etica dello psicoanalista come artigiano che cerca di lavorare 'a regola d'arte"'"Che la psicoanalisi come pratica sia equiparabile a quella dell'artigiano e' un dato incontestabile che nulla toglie, semmai aggiunge, alla sua scientificità che appartiene a un altro livello di astrazione". Ecco dunque lo psicoanalista-artigiano all'opera in una dimensione sociale e culturale che, pur necessitando di continue modulazioni sollecitate da nuovi contesti e nuove necessita', ha da guardarsi costantemente dai rischi dell'infiltrazione subdola della de-regulation.
Su regole e de-regulation si e' sviluppato l'intervento di Giuseppe Pellizzari, una riflessione sulle istituzione in un'epoca segnata dalla fine del tempo assiale, espressione con cui Carl Jaspers indicava che la vicenda umana e quella collettiva si organizza attorno ad un asse evolutivo o progressivo che le conferisce un senso, un orientamento. Viviamo un tempo 'post' (industriale, moderno, religioso) e 'multi', un universo in cui internet e la nuvola segnano l'assenza di un centro, dunque un multiverso; un'eta adolescente in cui "abbiamo perso i genitori dell'infanzia ( i famosi "garanti" di Kaes) e siamo alla confusa ricerca di nuovi sistemi valoriali" in cui prevale lo smarrimento. A fronte del forte rischio di restaurazione degli antichi valori, la proposta e' quella di pensare i valori in modo diverso: "Non più come entità platoniche dalle quali dedurre la bontà o meno dei comportamenti e le regole di funzionamento delle istituzioni ma come un'area di tensione che sappia trasformare l'incompletezza di ogni sistema di valori, cioè di ogni sistema di pensiero filosofico, scientifico, politico, religioso paradossalmente in un valore, un metavalore che consenta la convivenza, la tolleranza, la' dove possibile il confronto e il dialogo fra molteplici soggetti che vivono e si trasformano nella società proprio perché incompleti.".
Narciso e' il protagonista del terzo giorno. Del Disturbo narcisistico di personalità si e' occupato Vittorio Lingiardi e della sua collocazione nel DSM-V di prossima uscita. In una prima versione del manuale diagnostico più usato dagli psichiatri questa categoria diagnostica non trovava posto, coerentemente con uno spazio molto contenuto dedicato a tutti i disturbi di personalità. A seguito di autorevoli proteste il disturbo narcisistico e' stato successivamente inserito ma questo evento invita a riflettere sui rapporti attuali tra psichiatria e psicologia: la psichiatria di oggi tende a considerare solo la psicopatologia a più chiara componente organica e, implicitamente, porta a considerare solo la componente biologica-organica della patogenesi del disturbo mentale. Ma la riflessione riguarda più in generale la questione della logica diagnostica: quella di tipo monotetico, in cui un disturbo coincide con un insieme specifico di tratti e caratteristiche, ispirata a un modello nosografico che intende le patologie psichiche come assimilabili a quelle mediche; la logica politetica, viceversa, prevede che un disturbo si rappresentato da un insieme di caratteristiche specifiche ma suscettibile di più di una presentazione clinica; infine la logica prototipica a cui si ispirava Freud, che contempla il confronto con un 'tipo ideale' e che non vuole limitarsi a considerare i fenomeni ma che intende concepirli come un gioco di forze che svolge nella psiche, una concezione dinamica dei fenomeni psichici.
Le riflessioni sull'individualismo proposte da Ferruccio Andolfi sono partite da chi, come Dukheim, alla fine dell'Ottocento, si e' interrogato sulla natura del soggetto in rapporto al sistema di valori proposti/imposti dalla collettività. Altri autori come Simmel, Marx, Engels, Arvon, Lipovetsky, Habermas e altri sono stati qui presi in considerazione per arrivare a considerare che:"...l'individualismo non può essere inteso come il semplice riflesso di uno stato di disagio esistenziale e di esclusione da apparati istituzionali che richiedono al più un consenso passivo. Esso costituisce anche nel suo significato più profondo, ossia nella valenza etica, il tentativo di dare una "risposta innovativa" al problema della scomparsa delle appartenenze, di elaborare il trauma e la colpa della separazione, conciliando l'individuo con nuove più vasta responsabilità.".
La relazione di Amedeo Falci e' la proposta di una revisione critica di concetti, modelli teorici e criteri etici che hanno caratterizzato la storia e il pensiero psicoanalitico. All'etica del giudizio e a quella della colpa che hanno ispirato Freud e, dopo di lui, Melania Klein, viene qui contrapposta una grammatica morale universale che può essere ricavata dagli studi di psicologia evoluzionistica ma anche dall'etologia e dalla sociobiologia ma che ha animato anche il pensiero di psiconalisti come Bion o Winnicott:"... Klein e Bion si riferiscono allo stesso quadro teorico, ma tra le loro etiche c'e un salto. Da un'etica dell'istinto di morte, degli attacchi, della colpa e della solitudine, ad un'etica del contenimento, della reciprocità, della com-passione e della crescita.". La grammatica morale condivisa si basa sull'osservazione che i bambini attorno al primo anno di vita si mostrano spontaneamente capaci di collaborare e di avviare condotte di aiuto ai consimili piccoli e adulti e che tutta una serie di esperienze di interazione e cooperazione sociale sono correlate a vissuti emotivi che si configurano come proto-giudizi di carattere etico. Quale posto allora attribuire a costrutti teorici fino ad ora predominanti come il narcisismo primario, la fase autistica, il super-io precoce ed altro alla luce di tali osservazioni?
Anna Ferruta ha affrontato i problemi clinici e sociali del narcisismo partendo da un'opportuna sottolineatura del fatto che Narciso e' il frutto di una violenza dell'impetuoso fiume Cefiso sulla ninfa Liriope. Nel mito e' possibile rintracciare un'ipotesi patogenetica del narcisismo come in una situazione in cui il caregiver non e' stato in grado di rinunciare al proprio narcisismo ed ha travolto, spegnendolo, il bisogno di alterita' del bambino. Analogamente all'analista e' richiesto di mettere da parte il proprio narcisismo del supposto sapere a favore di una posizione che privilegi la risonanza, l'immedesimazione, la capacita' di tollerare ferite narcisistiche, di non essere l'oggetto ideale, di apprestare un dispositivo in grado di contenere le plurime mutevoli transitorie alternanti identificazioni scisse, in attesa di scelta e composizione. Viene da pensare ad un assetto dell'analisi che ripristini il rispetto delle zebre pedonali su cui il piccolo Narciso era stato travolto fin dal momento del suo concepimento. E che dalla fissità dello sguardo di Narciso nello specchio immobile dell'acqua si metta in moto un movimento vitale,che inizi il viaggio-processo.
Nelle parole conclusive del segretario scientifico della SPI Giovanni Foresti un controcanto ideale all'intervento iniziale di Silvana Borutti sulla philia di Antigone: qui viene posto l'accento sulle ragioni di Creonte, sulla necessita' del rispetto delle regole della polis per garantire la sopravvivenza della comunità stessa e dell'istituzione come forma e sostanza che garantisce la sopravvivenza dei singoli. E se il primo giorno si tifava per Antigone, ascoltare le ragioni di Creonte apre a una domanda che non ha -e non può avere- una risposta definitiva perché e' la stessa tensione che si crea tra domanda e risposta ad essere generativa.
Fin qui la cronaca soggettiva delle sedute plenarie mattutine. Per motivi di brevità ho scelto di tralasciare i panel pomeridiani e le plenarie pomeridiane. Con un'unica eccezione che si incrocia con un ricordo personale: la presenza al congresso di Carol Beebe Tarantelli che ha presentato una riflessione psicoanalitica sulle brigate rosse e il terrorismo italiano. Nel marzo del 1985 Ezio Tarantelli fu ucciso dalle brigate rosse nel cortile della facoltà di Economia della Sapienza di Roma. In quegli anni frequentavo la facoltà di medicina e alcune lezioni si tenevano presso la facoltà di Economia e conoscevo bene quel cortile perché ci passavo di frequente. In quei giorni mi soffermai a guardare l'asfalto di quel cortile-parcheggio e mi interrogavo sul senso di tanta violenza.
Non c'erano zebre sull'asfalto. Al loro posto c'era sangue.
Angelo Macchia