
L’evento ha visto la partecipazione di oltre cento persone e si è aperto con i saluti dei Segretari Scientifici del CdPR e del CPdR, Alessandra Balloni e Fabio Castriota.
Roberto Musella, Segretario della Società Psicoanalitica Italiana, ha introdotto la mattinata con il lavoro Tra Psicoanalisi e Istituzioni. Musella ha posto l’attenzione sul ruolo della psicoanalisi come metodo scientifico efficace per la cura dei pazienti, degli operatori e delle istituzioni stesse e come strumento che può essere modificato per aprirsi a un dialogo istituzionale e politico, affinché non vi siano solo interventi frammentati ma rapporti di collaborazione, per una visione sociale più ampia.
Nella prima parte della mattinata si è approfondito il concetto di Psicoanalisi Multifamiliare, inteso come modello di lavoro in gruppo, costituito da più generazioni di molte famiglie e operatori che fanno parte dell’equipe che se ne occupa, inizialmente per la cura di pazienti psicotici gravi.
Andrea Narracci, con il lavoro Esperienze di Psicoanalisi Multifamiliare con adolescenti e giovani adulti nel servizio pubblico (di Alessandro Antonucci, Fausta Calvosa, Andrea Narracci), ha parlato di quanto il metodo di intervento sia ampiamente diffuso e ne ha sottolineato le potenzialità devirate dal riunire pazienti, familiari e operatori. Grazie a Giuseppe Riefolo si è potuto riflettere su come la psicoanalisi entri nelle istituzioni non solamente in modo diretto come tecnica da proporre, ma anche come posizione formativa verso i formatori che abitano i servizi.
Maurizio Montanari ha sottolineato l’aspetto di «modello cerniera» in grado di cogliere la multifattorialità del disagio e di collegarla al lavoro interistituzionale: rete istituzionale che rappresenta lo spazio psichico allargato. Montanari ha preceduto il lavoro di Anna Maria Dalba la quale ha evidenziato come la struttura dell’intervento ben si adatti all’adolescenza, vista come periodo di continuità e slegamenti con le altre fasi di vita dei soggetti, permettendo di superare la sfida di mettere adolescenti e genitori nella stessa stanza d’analisi. Il gruppo multifamiliare si è presentato anche nella veste di sogno sociale, dato che si rivolge a famiglie sofferenti che difficilmente accederebbero ad altri servizi di cura. La vignetta clinica proposta ha permesso di riflettere intorno ai temi della precarietà e della perdita, e di vedere come il gruppo possa trasformare i vissuti di vuoto portati dai partecipanti grazie alla sua funzione di mente ampliata. L’esperienza di avvio di un gruppo di psicoanalisi multifamiliare per adolescenti di Michela Melillo ha permesso di pensare al gruppo come luogo in cui si possono favorire scambi e costruire nuovi assetti familiari, ma anche sulla funzione di cura non solamente dei partecipanti ma del servizio stesso entro il quale è svolto.
Fausta Calvosa ha proposto un secondo frammento clinico che ha permesso di pensare quanto l’introduzione di un gruppo multifamiliare in associazione ad un percorso terapeutico classico permetta di allargare il percorso terapeutico ed evitare il rischio di una logica riduzionista.
La seconda parte della mattinata ha visto la presentazione del lavoro basato sui Seminari Analitici di Gruppo, L’adolescenza nei servizi. Operatori e psicoanaliste al lavoro: il metodo prevede la discussione di una specifica situazione lavorativa, rappresentativa del lavoro di un gruppo/equipe, con la partecipazione di uno psicoanalista che rilevi e sottolinei gli elementi inconsci che emergono nel gruppo e tra il gruppo, permettendo di comprendere aspetti che il solo professionista non potrebbe
cogliere. Riflettendo su tale modello, Carla Busato Barbaglio ha introdotto riflessioni e narrazioni portate da chi vi ha partecipato. Molteplici gli aspetti toccati attraverso le varie voci: quanto i seminari abbiano rappresentato il contraltare alla chiusura patita dall’emergenza Covid-19, la necessità di recuperare una capacità negativa, la centralità dell’osservazione dei comportamenti e dei disegni di un paziente oltre i test, l’importanza della sofferenza; la necessità del confronto con i colleghi e di quanto lo sguardo dell’altro renda vivi; la possibilità di far circolare i pensieri e arricchirli grazie ai diversi contributi degli operatori - anche e soprattutto non psicologi -, la potenzialità di accogliere gli aspetti vitali di ognuno, come i seminari siano una riproduzione all’esterno di ciò che dovrebbe avvenire tra i lavoratori all’interno di un’istituzione; l’utilità di prendere tempo nei contesti di cura che operano sull’emergenza; l’importanza delle molteplici voci nella costruzione di un caso clinico, il funzionamento delle menti inconsce a lavoro, la possibilità di sopportare la complessità dei casi; la possibilità di contatto con i pazienti e con il contesto di cura anche durante un periodo di lontananza dal lavoro per il periodo di maternità; la possibilità di sentirsi parte di uno spazio condiviso, dove l’essere simili e l’essere diversi trovano una forma e il lavoro di gruppo permette di contenere le minacce di frammentazione e isolamento.
Maria Pia Corbò, conduttrice insieme a Busato dei Seminari, ha sottolineato l’intento di presentare un mosaico di esperienze che potesse dare una visione di cosa abbia rappresentato per gli operatori l’esperienza di partecipazione e quanto questa abbia favorito nuovi approcci di lavoro da parte dei partecipanti, con i loro utenti, nelle istituzioni, sottolineando il frequente vissuto di solitudine degli operatori. Giuseppe Riefolo ha evidenziato come le esperienze riportare dagli operatori evidenzino il carattere non di supervisione ma di condivisione affettiva che presenta un valore in più della semplice comprensione di un caso.
A seguire, il contributo di Flavia Capozzi e Teodosio Giacolini, Il lavoro psicoanalitico di gruppo nei servizi dell’infanzia e adolescenza: Luci ed ombre, ha ripercorso la storia delle proposte psicoanalitiche per i servizi di salute mentale dell’età evolutiva. Diversi i protagonisti e le tappe: Giovanni Bollea e la nascita di neuropsichiatria infantile (1965); il primo corso di psicoterapia psicoanalitica dell’infanzia e adolescenza (1976); lo sviluppo di una psicopatologia dell’adolescenza; Adriano Giannotti e la creazione di una degenza psichiatrica per adolescenti; Arnaldo Novelletto e Teresa Iole Carratelli con l’ambulatorio per adolescenti; il passaggio da Via dei Sabelli ai servizi territoriali quali il TSMREE. La premessa storica è stata utile per riscontrarne le criticità e le carenze, ma anche per dare contezza delle trasformazioni avvenute: l’alleanza tra istituzioni e operatori, l’estrema difficoltà di realizzare gruppi nel privato, la logica ecologica della cura in gruppo, il gruppo come nuove forme di legame.
Antonio Palmieri ha evidenziato come le istituzioni emergano nel reale attraverso le leggi, che dovrebbero essere eticamente condivisibili e favorire l’incontro tra immaginato e realizzato. Con il marasma attuale dei servizi sanitari è stato utile chiedersi quale sia la fantasia inconscia istituzionale alla base di alcuni servizi di cura e quanto spesso l’assistenza sanitaria territoriale non ha alcuna procedura o regola unitaria lasciando tutto ai singoli individui. In questo quadro, la psicoanalisi potrebbe dire e dare molto.
Teodosio Giacolini ha chiuso il lavoro sottolineando le differenze esistenti tra i gruppi di bambini, di adolescenti e di genitori e ha riportato quanto il gruppo multifamiliare riunisca tutti questi livelli. Giuseppe Riefolo ha sottolineato il concetto di gruppalità come qualcosa di più ampio del lavorare in gruppo, qualcosa che riguarda la possibilità di stare nelle istituzioni; uno stare in rapporto non per stare insieme ma per utilizzare la frustrazione e dare spazio ad una dimensione creativa.
L’ultimo contributo è stato quello di Anna Bovet e Flaminia Cordeschi, Seminari analitici di gruppo per operatori DCA: ipotesi di lavoro. Attualmente, nei contesti di cura per i disturbi alimentari si è evidenziato un abbassamento dell’età d’esordio dei disturbi, un aumento dei comportamenti autolesivi e un notevole aumento della richiesta di aiuto. Durante la discussione sono state presentate alcune criticità, quali quelle delle linee guida che rischiano di portare automatismi nel trattamento dei pazienti e la difficoltà di tollerare il piccolo miglioramento del paziente, spesso sentito non sufficiente dal sistema di cura. Vedendo quanto i Seminari siano risultati uno strumento utile a maneggiare e trasformare situazioni di impasse, ci si propone di estendere tale metodo anche a operatori medici e nutrizionisti.
La discussione finale è stata ricca e partecipata; diversi gli interventi che hanno ripreso i lavori precedenti e li hanno ampliati, proprio come è avvenuto nelle realtà di gruppo fino a quel momento descritte. Si è proposto il tema della fatica degli operatori nel sentirsi soli davanti alle istituzioni e della possibilità che “fare gruppo” non sia solo “fare la riunione di equipe” ma evocare una dimensione di ordine fertile dal punto di vista lavorativo, con la possibilità di condividere e ragionare in modo sistematico su quanto sta accadendo anche tra gli operatori. È stato rivolto lo sguardo ai Centri di Consultazione e Terapie Psicoanalitiche (CCTP) locali come rappresentanti delle istituzioni SPI. Ci si è interrogati su come mantenere un assetto psicoanalitico all’interno delle istituzioni e come diffonderlo. È emersa l’idea di un lavoro in gruppo come spazio in cui condividere pensieri con livelli di paranoia e sospettosità più bassi, difese e resistenze minori; di come il Seminario Analitico sia diverso da una supervisione classica e di quanto si tenga a mente la comunicazione inconscia del gruppo, l’ascolto affettivo di risonanze interne. Si è poi riflettuto sulla proposta di un modello che metta al centro l’intersoggettività, un modello che richieda agli operatori nelle istituzioni di entrare in contatto con le proprie proceduralità e con i propri funzionamenti profondi. Per ultimo, ma non meno importante, si è sottolineato l’aspetto dell’infanzia e delle politiche per l’infanzia, anche per ripensare il sistema scolastico.
Alcuni riferimenti bibliografici emersi nel corso della Giornata:
Badaracco J.E.G., Psicoanalisi multifamiliare. Gli altri in noi e la scoperta di noi stessi, 2000.
Baldini T., Laboratori. Psicoanalisi applicata nel trattamento dei ragazzi al limite, 2021.
Biondo D., Psicoanalisi applicata nel trattamento dei ragazzi al limite. Un’esperienza nazionale. Progetto e coordinamento di Tito Baldini, Rivista di Psicoanalisi 2022/3.
Buonanno A., Calvosa F., Narracci A., La teoria dell’oggetto che fa impazzire di Badaracco: i Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare nella clinica della psicosi, Rivista di Psicoanalisi 2022/2.
Monniello G., Traduzione terminabile e interminabile del pubertario, Psiche 2015/2.
Narracci A., Badaracco J.E.G., La psicoanalisi multifamiliare in Italia, 2011.
Neri C., Aspetti vitali della vergogna, 2018.
Novelletto A., Psichiatria Psicoanalitica dell’adolescenza, 1986.