Il seminario intercentri di sabato 12 dicembre 2015, “ Verso una polifonia degli Stati del Sé” , ha visto presenti al tavolo insieme ai relatori, il segretario scientifico del Centro di psicoanalisi romano, Angelo Macchia, in rappresentanza di quello del Centro psicoanalitico romano, Rosa Spagnolo, e il segretario scientifico della Società di Psicoanalisi Italiana, Tiziana Bastianini, in qualità di discussant.
Il dott. Gianfranco Meterangelis nel suo lavoro “ Dissociazione e potenzialità creative del campo relazionale” prende le mosse dal concetto di inconscio, ricordando come Freud già nel 1915 dichiarava che “ il rimosso non esaurisce tutta la sfera dell’inconscio”, ed arrivando agli ultimi decenni, ai “cambiamenti” dei nostri pazienti, alla riconsiderazione di concetti come inconscio e coscienza fino alla riflessione su una possibile estensione del metodo psicoanalitico ed agli strumenti disponibili. Considera poi le ricerche delle neuroscienze sulla memoria e la relazione tra questa e l’azione, e lo sviluppo delle diverse forme di memoria; in particolare la distinzione tra memoria implicita e memoria esplicita- dichiarativa fa si che l’indagine della psicoanalisi si estenda al non verbale ed alla comunicazione dell’implicito. Le rappresentazioni , presimboliche e simboliche, riguardano comunque la relazione intersoggettiva attraverso una associazione inconscia di esperienze non pensate ma vissute: a queste deve rivolgere l’attenzione l’intervento terapeutico psicoanalitico. Così il transfert si ripropone sotto forma di angoscia della esperienza traumatizzante, intesa non solo come evento specifico ma in uno spettro più ampio definibile come traumatismo relazionale. La riattivazione automatica di tali emozioni, per esempio in occasione di eventi esterni, può indurre a due manovre psichiche: il blocco del processo dissociativo, che opera nel campo della memoria implicita come difesa nei confronti dell’angoscia destrutturante, e l’azione, diretta conseguenza dell’impedimento all’integrazione fra le diverse parti del Sé e quindi dell’impossibilità di formulare rappresentazioni simboliche. Dice l’autore: “ L’azione rivela quelle memorie che depositate nell’implicito entrano nella vita dei pazienti in maniera devastante come “ l’ombra dello tsunami” di cui parla Bromberg ( 2011) , e che nella relazione analista- paziente si rilevano nelle interazioni che avvengono nel qui ed ora, il cui riconoscimento rappresenta un valore aggiunto per la tecnica analitica. L’azione, che molte volte è organizzata attorno a modalità ripetitive e disadattive di relazione, non è un sostituto di ricordi dimenticati, è un ricordo che non può essere ricordato ma che può essere solo vissuto e che l’analista nella relazione deve permettere di far emergere ed essere in grado di cogliere”.
Nel caso clinico, ben rappresentativo tra l’altro delle “ nuove patologie “ e nuove dipendenze, Meterangelis evidenzia come nel trattamento possono attivarsi collusioni tra difese dissociative e come può essere trasformativo l’ uso della soggettività dell’analista che si esprime sotto forma di ricordi, sogni, associazioni.
Il dott. Giuseppe Riefolo nel suo lavoro” Funzione del processo dissociativo in una consultazione psicoanalitica” dedica il suo interesse al concetto di dissociazione, fin dalla sua connotazione agli inizi del secolo scorso come diffuso meccanismo di difesa nelle patologie sia nevrotiche che psicotiche,eccetto che nelle tesi di Janet , per approdare ad alcuni autori psicoanalitici più recenti che considerano la dissociazione un dispositivo essenzialmente fisiologico organizzante la funzione mentale. In particolare si riferisce alle tesi di Bromberg ( 1994, 2006) che propone la dissociazione come “ processo di base del funzionamento mentale umano … nella stabilità e crescita della personalità”, distinguendola come processo e come struttura, e suggerisce di “ rappresentare il dialogo analitico come un continuo processo dissociativo ( PD ) che produce configurazioni elementari del Sé che si collocano simultaneamente fra le polarità difensive (DD) e creative ( DC ). Il caso clinico riportato, due incontri di consultazione a distanza di diversi anni l’uno dall’altro, con richiesta di soluzione immediata, rientra nella linea delle riflessioni sulla estensione del metodo, avviate nella SPI dal 2014. Dall’interazione descritta risulta come la paziente tende a riconfermare difensivamente la propria organizzazione psichica, ripetendola nel transfert, nonostante le sollecitazioni esterne al cambiamento. L’analista riconosce il polo difensivo evitando però di interpretarlo per non “balcanizzarlo” ( secondo Bromberg), e favorisce invece l’emergere di quello creativo, simultaneamente presente.
Il dott. Paolo Boccara nel lavoro “La mente e il condominio” si avvale di una suggestiva metafora per sostenere le sue riflessioni sugli aspetti multipli della mente. La immagina come un condominio, composto di diversi piani – a cui corrispondono i diversi stati del Sé- messi in contatto da un ascensore. Questo, assimilabile al processo dissociativo, quando è ben funzionante ci permette di avere contatto con i diversi piani, gli appartamenti e gli inquilini, se invece si blocca in qualche funzione, alcune parti del condominio sono escluse, non più raggiungibili. Nella stanza di analisi emergono continuamente diversi stati del Sé del paziente e dell’analista; le parti mostro solitamente corrispondono a stati del Sé traumatizzati. Così nel caso clinico, riguardante un giovane professionista apprezzato, ma incerto personalmente e sentimentalmente e sofferente di attacchi di panico. Dopo una prima fase, gradualmente l’analista riesce ad accogliere l’inquilino inatteso, per esempio l’attacco di panico, come una parte effettivamente appartenente al paziente, e con questa altri aspetti fino a quel punto dissociati, condomini che si rivelano importanti e che chiedono ospitalità. Fino ad arrivare alla possibilità per il paziente di riconoscere e riflettere sugli aspetti del Sé prima dissociati.
La dott.ssa Tiziana Bastianini nella sua articolata discussione dichiara innanzitutto una contiguità teorica ed esperienziale con i tre autori, dai cui lavori trae numerosi spunti di riflessione. Uno dei primi riguarda elementi “ clinici”, cioè che “le forme più significative del malessere contemporaneo si traducono in angosce e disturbi dei processi di soggettivazione e simbolizzazione” che portano a domande di aiuto agli psicoanalisti in passato considerate di tipo psicoterapico ma che si possono giovare di un autentico intervento psicoanalitico, realizzato in setting definibili come variabili o alternativi. Riguardo a queste problematiche i costrutti di controtransfert, soggettività e intersoggettività, o meglio “campo intersoggettivo”hanno consolidato il loro statuto, trasversalmente ai diversi paradigmi teorici. A proposito di identificazione e processo dissociativo riprende la metafora del condominio e dell’ascensore di Boccara (che nel dibattito successivo solleciterà vari interventi tra cui un riferimento alle funzioni del gruppo); riprende inoltre il concetto di conoscenza relazionale implicita avanzato da Meterangelis e, riguardo al tema delle pluralità psichiche e della visione del Sé come multiplo e discontinuo … riferito all’organizzazione soggettiva di significati , proposta dagli autori, lo mette in tensione dialettica con le visioni più unitarie di Bollas e Ogden. Bastianini riporta anche sul versante della ricerca di numerosi autori, la dimostrazione della stabilità di strutture e rappresentazioni mentali ( Luborsky e Weiss e Sampson) come anche confermato in alcune ricerche sull’attaccamento . Sul tema della dissociazione, Bastianini esprime il parere che Janet, riferimento importante nel lavoro di Riefolo, considerava la dissociazione come una manifestazione della debolezza dell’io e, dunque, patologica. ( Nel dibattito Riefolo conferma la sua opinione su Janet come un teorico non psicoanalista che dà valore all’emergere delle potenzialità). In accordo col concetto di campo intersoggettivo Bastianini propone che “ la mente sviluppa una molteplicità di versioni della propria modalità di costruire il significato della esperienza interattiva, che sono adeguate ai diversi contesti relazionali nei quali l’individuo si trova coinvolto , con differenti livelli d’impegno, d’intimità e, di conseguenza, di impatto sulla propria identità . . . la dissociazione è da intendersi come un processo che dà forma al funzionamento psichico del soggetto e crea discontinuità nell’esperienza soggettiva”. Nella clinica si assiste, a partire da un paradosso costitutivo dell’assetto interno, a funzionamenti apparentemente equilibrati - i casi clinici riportati dagli autori ne sono degli esempi- che sono il portato di relazioni nelle quali la richiesta implicita dell’ambiente è stata di rinunciare al proprio sentire soggettivo. Secondo le ricerche delle neuroscienze questo genere di scambi si inscrive nei circuiti della memoria implicita, entro i primi tre anni di vita, depositandosi in un codice presimbolico che va a costituire una parte dell’inconscio che non riguarda solo i pensieri rimossi ma, prima di questi, trascrive “ processi”, cioè come le esperienze del Sé e del Sé con l’altro sono entrate a determinare i negoziati inconsci tra il bambino e la madre. Bastianini conclude notando come gli autori col loro lavoro contribuiscono alla sfida che la psicoanalisi vive, di affrontare i profondi cambiamenti che derivano dall’estendere il campo di intervento, mettendo alla prova il proprio metodo, collaborando con altri campi del sapere, utilizzando la specificità dell’attenzione alla dimensione inconscia di ogni divenire soggetto.