Unità Corpo Mente, approccio multidisciplinare e tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) sono i temi affrontati in questo interessante e ricco convegno, in cui clinica, ricerca e aspetti etici si intrecciano in una rete molto complessa.
Innanzitutto vengono fatte alcune precisazioni linguistiche: il termine “eterologa” significa “fra specie diverse”, e non sarebbe da riferirsi alla donazione dei gameti (spermatozoi e ovuli). Per infertilità si intende l’impossibilità di portare a termine una gravidanza dopo il concepimento, mentre la sterilità è l’assenza del concepimento dopo 1-2 anni di rapporti non protetti.
Un primo tema dibattuto e di particolare complessità è la gestazione per altri (GPA), affrontato prima da Flamigni e ripreso successivamente da Canestrari. Il primo relatore, ponendo alcune importanti questioni sulla maternità surrogata altruistica e commerciale, riassume due differenti posizioni che ritroviamo attualmente nella nostra società: se per alcuni essa è una forma di prostituzione o un insulto, per altri è una scelta consapevole delle donne, che decidono autonomamente sulla gestione del proprio corpo. Etica e scienza vengono così a dialogare e a confrontarsi lasciando aperti alcuni interrogativi: come si forma la regola etica? Chi pone i limiti? In una sentenza del 2014 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si legge che la regola etica non si forma dalla dottrina, ma dalla “morale del senso comune”. Quest’ultima è molto influenzata non solo dalle regole, ma da molteplici rapporti che intrecciano famiglia, scuola, amici e cultura. La difficoltà ad accettare il nuovo può lasciare il passo alla possibilità di accedere al cambiamento quando si intuiscono i vantaggi che derivano dalle innovazioni.
Una seconda questione è l’utilizzazione delle ricerche che consideriamo immorali. In Cina si sono avviati studi sulla possibilità di modificare il genoma umano. Questo solleva un’altra domanda: se troviamo un modo di curare una malattia che deriva da ricerche che consideriamo immorali e metodi di ricerca che respingiamo, ne utilizzeremo i risultati?
Un filone di ricerca ha portato alla possibilità di fare trapianti d’utero: sono già nati, in questo modo, una decina di bambini. Questa metodologia sarà probabilmente sostituita dall’ectogenesi, ossia lo sviluppo dell’embrione all’interno di un utero esterno artificiale.
Secondo Flamigni non dobbiamo ragionare tentando di fermare la scienza, ma cercare di orientarla perché, avanzando troppo rapidamente, potrebbe portare a situazioni dannose.
Conclude infine con una riflessione sul conflitto di paradigmi secondo cui, a fronte dell’avanzamento delle tecnologie, la funzione della donna, nella procreazione e nella gravidanza, potrebbe diventare meno determinante.
Canestrari, membro della Commissione Nazionale per la Bioetica, si sofferma sul fatto che l’ostacolo bioetico alla PMA è stato superato in quanto non sono emerse evidenze di compromissione e rischi rispetto allo sviluppo psico-fisico di bambini nati attraverso l’utilizzo di queste tecniche.
In merito alla GPA commerciale, ritiene la donna vittima di sfruttamento e costretta a sottoscrivere un contratto che, a suo parere, spesso si configura come un contratto di schiavitù. Sul tema della ricerca, ritiene non si possano creare embrioni umani appositamente per essere studiati, bensì utilizzare, per tali fini, embrioni congelati non più impiantabili.
L’in-fertilità e le questioni che essa solleva, ci conducono ad entrare in quello che Solano definisce CorpoMente, intendendo con esso l’organismo nella sua totalità. Corpo e mente non esistono come categorie distinte, bensì sono “una sola e stessa cosa”, come già diceva Spinoza, che ha a che fare con il vertice da cui si pone l’osservatore. Riprendendo la Teoria del Codice Multiplo di W. Bucci, Solano sostiene che, alla dialettica corpo-mente, occorre sostituire una dialettica tra sistemi: il sistema non simbolico (protomentale, processo primario e memoria implicita) e i due sistemi simbolici (verbale e per immagini). Siamo abituati a chiamare corpo il sistema non simbolico. Esso invece è dotato delle stesse qualità che attribuiamo al mentale. Il corpo pensa, soffre, gioisce, è un precipitato di relazioni, comprende le memorie implicite, è dotato di un pensiero organizzato, anche se non simbolico. Un punto estremamente interessante che deriva da questa prospettiva unitaria è che salute e patologia non dipendono da una mente che ha un influsso sul corpo. La ricerca contemporanea, infatti, non studia più questo tipo di causalità, bensì si occupa di comprendere gli effetti di esperienze relazionali su aspetti corporei e mentali. Comportamento, emozioni e fisiologia sono parte di un processo di regolazione psicobiologica tra madre e bambino sin dalla nascita. Ciò può avere ricadute importanti nell’ambito della fertilità, in quanto le rappresentazioni relazionali interne, nelle loro componenti affettive e cognitive, sono connesse alla regolazione fisiologica. All’interno di questo processo dobbiamo collocare anche le relazioni adulte con figure reali. Numerose ricerche, infatti, mostrano che la relazione con il partner è in grado di influenzare parametri relativi ai sistemi immunitario, cardiovascolare ed endocrino, costituendo così un fattore di rischio o di protezione per la salute dell’individuo. In una visione biopsicosociale dell’essere umano, sembra dunque avere poco senso parlare di infertilità esclusivamente psicogena o organica.
Essa appare associata in particolare a due fattori: lo stress – che nelle donne interferisce con la funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi e nell’uomo riduce la qualità del liquido seminale – e la dimensione alessitimica, espressione di una disconnessione tra sistema non simbolico e sistemi simbolici.
Come ci dice Ginobbi, riportando i dati 2015 dell’Istituto Superiore di Sanità, l’infertilità idiopatica (cioè non spiegabile dal punto di vista medico-biologico) riguarda il 15% dei casi totali. L’infertilità è un’esperienza dei corpi, un’esperienza sociale, culturale, relazionale. Questa prospettiva fa da sfondo all’intervento di Di Trani che sostiene la necessità di un supporto psicologico per le coppie che decidono di intraprendere un percorso di PMA, atto a costruire uno spazio di pensiero in cui poter esprimere vissuti emotivi, conflitti, aspettative, fantasie, angosce e speranze. L’analisi di 25 studi mostra infatti che il sostegno psicologico è efficace nel ridurre i livelli di stress infertilità correlata, di depressione e di ansia.
Altri interventi riprendono questo tema, citando i recenti sviluppi delle Linee Guida in materia di PMA. Esse prevedono la figura di uno psicologo in ogni Centro, a cui ora, si accede su richiesta dell’utente. Si suggerisce la necessità di rendere la consulenza psicologica obbligatoria all’interno del percorso di PMA. Viene inoltre proposta l’idea di una consulenza pre-concezionale che intercetti la coppia prima o nel momento in cui cominci a costruire l’immagine del figlio desiderato. Occorre poi affrontare il problema dell’elaborazione della sterilità, del tempo necessario che essa richiede e di un tempo per costruire la speranza. A tal proposito, una ricerca effettuata su donne colpite da leucemia o tumori che devono sottoporsi ad una chemioterapia, mostra che la crioconservazione degli embrioni, ossia sapere di avere una futura opportunità di accedere ad una gravidanza, migliora lo stato vitale delle donne.
Un gruppo di professionisti allarga ulteriormente il campo proponendo un trattamento integrato che si avvale di interventi che lavorano sui modelli familiari attraverso la costruzione dei genogrammi (La Mesa e Sorace), un lavoro sul corpo partendo dalla medicina ayurvedica e cinese (Ceraso) e un lavoro ipnotico (Rago e Volpi). La ricerca ha mostrato che l’utilizzo di un approccio integrato ha portato a differenze significative nei successi di gravidanze di coppie ritenute infertili. Alcuni importanti interrogativi sono sollevati da Petrocchi e Velotti: quali ripercussioni hanno le tecniche di PMA sull’identità personale? Quali tracce lasciano i ripetuti fallimenti? Quali ripercussioni sul desiderio di genitorialità?
Un dato estremamente interessante è che spesso i pazienti riferiscono di non sentirsi capiti dal proprio terapeuta in merito a questa problematica. Che cosa accade? Come si pone il clinico nella relazione con questi pazienti? Quali sono le sue idee sul tema? In che modo vive la propria fertilità o infertilità, e come, questo, influenza la relazione terapeutica?
Vergogna, colpa, sensazione di perdita di controllo sul proprio corpo, minaccia al senso di valore personale, percezione di uno stigma sociale, appaiono le emozioni prevalenti delle coppie infertili. Data la complessità delle esperienze e dei sentimenti in gioco, la coppia spesso va incontro a una disregolazione emotiva e a un deficit nella capacità di esprimere ciò che sta vivendo. Qui si inserisce l’intervento di Renzi che esplora proprio la possibilità di esprimere e regolare le emozioni quale fattore protettivo, attraverso l’utilizzo della scrittura espressiva. I risultati di una ricerca da lei condotta mostrano che il gruppo di donne che ha accettato di integrare, all’interno del percorso di PMA insieme ad uno psicologo, l’uso della scrittura espressiva, ha riportato un successo di gravidanze quasi triplo rispetto al gruppo di controllo.
Ci dispiace di non aver potuto, per motivi di sintesi, citare tutti i relatori.
Sono intervenuti:
Stefano Canestrari, Tiziana Ceraso, Barbara Cordella, Michela Di Trani, Carlo Flamigni, Francesca Ginobbi, Francesca Greco, Loredana Masi, Anna La Mesa, Elisa Minutolo, Nadia Monacelli, Chiara Petrocchi, Nicolino Rago, Alessia Renzi, Luigi Solano, Carla Sorace, Roberta Spoletini, Patrizia Velotti, Federica Volpi.
Comitato Scientifico:
Luigi Solano, Anna La Mesa, Michela Di Trani, Francesca Ginobbi, Alessia Renzi, Carla Sorace.
Comitato Organizzativo:
Michela Di Trani, Anna La Mesa, Luigi Solano, Cinzia Di Monte, Laura Marcone.