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Report di Alberto Codazzi sul seminario “Perversità, opzioni di soggettivazione e centralità del controtransfert” presentato al V Convegno Nazionale sul lavoro psicoanalitico con bambini e adolescenti (Bologna, sabato 23 novembre 2019)

Il gruppo che ha proposto il seminario – P. Catarci, A. Codazzi, G. Imparato, P. Laniso, G. Montinari, M. Nardi, C. Pazzagli – appartiene a entrambi i centri di psicoanalisi di Roma e si riunisce da tempo sulla base del comune interesse per la psicoanalisi dell’adolescenza e per le tematiche legate al controtransfert.

In occasione del V Convegno Nazionale sul lavoro psicoanalitico con bambini e adolescenti, incentrato sullo sviluppo del Sé e sul tema della perversità in adolescenza, il gruppo ha approfondito il senso specifico con cui i comportamenti perversi si declinano nella fase adolescenziale, sia da un punto di vista teorico, sia clinico con la presentazione di due casi.

Abbiamo inizialmente inquadrato le teorie psicoanalitiche sulla perversione come organizzazione stabile di personalità. Data per scontata la conoscenza dell’apparato teorico freudiano, che ruota intorno all’angoscia di castrazione preceduta geneticamente dall’angoscia di assenza dell’oggetto e seguita dall’angoscia di perdita dell’amore oggettuale, ci siamo soffermati sul contributo di J. McDougall. L’autrice nel descriverne i tratti di ritualizzazione, compulsività e violenza, a copertura della fragilità dell’Io, sottolinea la ricerca inconscia di una barriera fallica contro una madre interna pregenitale potente e idealizzata, a fronte di un padre poco o del tutto assente. A tale proposito la “falsa scissione” descritta da Meltzer ci è sembrato un concetto particolarmente interessante per descrivere il complesso quadro esterno e interno del soggetto perverso.

Il trionfo maniacale come difesa dalle angosce depressive si affianca alla concezione della perversione come negativa, non solo della nevrosi, ma anche della psicosi. Questo spostamento di vertice ci ha offerto interessanti spunti di riflessione rispetto al significato che taluni comportamenti hanno in adolescenza, dove possono essere considerati nel loro senso evolutivo prima che si chiudano i giochi rispetto a una soluzione perversa di carattere stabilmente narcisistico e distruttivo, come nell’adulto.

Ci siamo soffermati sul pensiero di A. Novelletto, che, considerando una serie di autori che se ne sono occupati – tra gli altri P. Greenacre, M. Khan, E. Glover, D. Meltzer, P. Male – ha messo a fuoco diversi punti come l’uso perverso dell’oggetto, il ruolo della seduzione e della sessualizzazione, la relazione perversa e il rapporto con la psicosi. A nostro avviso, Novelletto, anticipando ciò che verrà più avanti approfondito da P. Gutton, ha intuito il conflitto centrale in questo tipo di adolescenti: quello tra un pubertario che si affaccia e spinge per la creazione di un se stesso adolescens, soggettivato, e quella di un infantile che con le sue modalità onnipotenti cerca di vincolarlo e lo mina dall’interno.

Abbiamo quindi approfondito i modi in cui la distruzione della soggettività dell’altro, come descritta da J.L. Donnet, assuma in adolescenza una moltitudine di significati più specifici, come quello legato al tentativo di rimaneggiamento del corpo, così centrale negli adolescenti con comportamenti perversi. L’adolescente, privo di rappresentazione simbolica, rovescia distruttivamente il suo profondo senso d’impotenza sull’analista. Diventa allora fondamentale l’attenzione al controtransfert e la tenuta dell’analista rispetto alla provocatorietà, alla seduzione sessuale, al distacco, alla tendenza a distruggere e a passivizzare.

Sono questi alcuni tra gli elementi più salienti emersi dai due casi clinici presentati e discussi con il coinvolgimento di tutto il gruppo di lavoro. Si è trattato di due casi diversi nelle manifestazioni dei comportamenti perversi, in cui soltanto il lungo e doloroso lavoro di ascolto controtransferale e di condivisione delle angosce ha permesso di mettere in gioco il maniacale rovesciamento che questi adolescenti hanno operato rispetto al loro senso di vuoto e di impotenza. Cogliere il senso della sfida del trauma infantile convertito in trionfo (Stoller) – la morte contro la vita, il godimento contro il piacere, la dissociazione affettiva contro la continuità dell’esperienza – ha permesso di aprire i ripiegamenti narcisistici e onnipotenti verso orizzonti di intimità analitica, facendo leva sulla plasticità evolutiva degli assetti adolescenziali ancora in formazione.

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