Sabato, Aprile 26, 2025

A Very English Scandal. Recensione di Roberta Leone

Mini serie britannica tratta dal romanzo Uno scandalo molto inglese di John Preston del 2016, suddivisa in 3 puntate da 50 minuti circa l’una, è uscita nel 2018, ed è visionabile su TimVision. Il regista Stephen Frears è lo stesso di Philomena e Florence, ancora una volta denuncia fatti, realmente accaduti, rappresentando il lato oscuro e crudo dell’essere umano.

Guardando la serie manca un punto di vista obiettivo e sincero, stabile, si fissa lo schermo e l’affezione passa rapidamente da un personaggio al suo amante che diverrà in poco tempo l’antagonista. La suspence accesa, i colori tenui a tratti vivaci che riprendono scene cariche di passione, voluttà e incomprensioni, lascia il telespettatore incantato e assetato rispetto alla prossima sequenza.

Un elegante Hugh Grant indossa i panni di un politico, John Jeremy Thorpe, la storia è realmente accaduta, protagonista di uno scandalo che gli costò la carriera politica. Quale attore poteva meglio comprendere quanto i rotocalchi e il pensiero comune senza filtri e invaso da pregiudizi possa obnubilare il lavoro di una persona, di anni, portandola a scelte estreme, a pensieri ed azioni al limite per salvare qualcosa di quel tanto costruito, in un mondo che poco accetta la verità di sé stesso. Lo scandalo ebbe luogo negli anni sessanta, periodo in cui in Gran Bretagna l’omosessualità era giudicata illegale, l’opinione pubblica spesso si esponeva con vivacità mostrando dissidenza e pregiudizio.

Norman Scott, giovane uomo con cui il leader politico avrebbe avuto una relazione sentimentale, è interpretato da un fascinoso e deciso Ben Whishaw. I due protagonisti si passano la palla continuamente e come in una degna e seria partita di tennis tra professionisti lasciano il pubblico invaghito dalle loro movenze, scelte, crisi vissute ognuno a modo proprio, con rispettivi caratteri e inclinazioni.

Difficile da spettatore effettuare una scelta, allearsi con l’uno piuttosto che con l’altro e forse proprio per questo è ancora più interessante la visione. Il regista permette a chi guarda di spiare i vissuti dei due da vicino, ma con la giusta distanza e di decidere se muoversi da una parte oppure dal lato opposto, vissuti che a tratti perdono il parallelo per incrociarsi.

Trovo questa mini serie di buona qualità poiché la prospettiva garantita allo spettatore appare quanto più possibile scevra da giudizi precostituiti, seppure la tematica omosessualità e la negazione e l’ostruzionismo socio-politico nei confronti della stessa, nell’epoca in cui è ambientata la storia, riportino e sollevino continui giudizi. Il modo in cui sono esposti i dilemmi che ogni personaggio vive e interpreta fa sì che lo spettatore si possa affezionare e allo stesso tempo possa diffidare di uno o dell’altro con altrettanta facilità, senza mantenere fermo un giudizio ma vagando, oscillando, potendo osservare l’impatto emotivo che fatti realmente accaduti hanno oggi su di sé.

Attrae e persuade il susseguirsi di eventi, poche pause e fatti che continuamente scuotono lo spettatore, incuriosiscono.

Colori, scenografie, fotografia e atmosfere accattivanti, sembra che il rigore sfiori un perfezionismo scenico che attrae senza infastidire.

Buona visione.

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