
“Se avessi il drappo ricamato del cielo,
Intessuto dell’oro e dell’argento e della luce,
I drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
Dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
Stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
Invece, essendo povero, ho soltanto sogni;
E i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
Cammina leggera, perchè cammini sui miei sogni.”
William Butler Yeats, 1899
La visione del Film Blonde del regista Andrew Dominik presentato quest’anno alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia e disponibile dal 28 settembre sulla piattaforma Netflix, mi ha riportato alla mente uno scritto di André Green dal titolo “Marilyn Monroe, morte di un’icona”. Il celebre psicoanalista francese apre il suo ultimo saggio “Illusioni e disillusioni del lavoro psicoanalitico” (Raffaello Cortina Editore, 2011) con questo capitolo introduttivo dedicato all’attrice e alla sua fallimentare ed endogamica relazione analitica con il noto, psicoanalista americano Ralph Greenson, che aveva nel suo carnet terapeutico numerosi divi e dive dello star system holliwoodiano dell’epoca.
Acclamato e divisivo, Blonde, è un biopic che si presta bene a rappresentare in modo diretto e violento la “morte di un’icona”. La Marilyn portata sullo schermo dalla magistrale interpretazione di Ana de Arms non è la Marilyn che ha colpito l’immaginario collettivo cinematografico di intere generazioni, me compresa, dal secolo scorso ad oggi, ma una Marilyn che “sembrava voler mettere continuamente alla prova la propria sessualità, senza sperimentare niente che possa davvero soddisfarla e che cedeva senza molte resistenze alle ingiunzioni sessuali degli uomini, a volte sconosciuti e si definiva lei stessa ‘puttana’”. (2011, p. 18). Una Marilyn che soffre dell’inguaribile sentimento di essere una persona profondamente segnata dall’abbandono, dalla deprivazione e dalla continua e inarrestabile ricerca di amore per esserne stata privata precocemente in passato. Afferma Green: “non aveva conosciuto l’amore e soprattutto non si era autorizzata a essere madre, essendo troppo ambivalente con la propria. Aveva paura di ripetere quello che aveva subito. La sua bellezza aveva fatto di lei una preda, invece di essere un pegno d’amore. In definitiva, era proprio un’orfana alla ricerca dei suoi genitori sconosciuti o folli” (2011, p. 20).
Il lungometraggio di A. Dominik è un adattamento della biografia romanzata sulla vita dell’attrice scritta da Joyce Carol Oates. Non senza licenze poetiche, lo sguardo del regista si spinge oltre il limite soggettivamente consentito. Vedere Blonde espone al disagio, alla mortificazione, alla vergogna, al disgusto, al dolore e all’indignazione.
Sotto i nostri occhi Norma Jean/Marilyn si trasforma da icona a martire hollywoodiana del femminicidio contemporaneo: abuso, stupro, violenza domestica, e aborti. Vittima eccellente della “confusione delle lingue”.
Riferendosi al fallimento del percorso psicanalitico dell’attrice, Andrè Green afferma: “Marilyn era forse, anzi senza dubbio, al di sopra delle risorse della psicoanalisi, aveva conosciuto traumi troppo precoci, troppo profondi, troppo incurabili per sopportare le frustrazioni implicite nella cura” (2011, p.20)
Nel film Blonde non viene fatto nessun riferimento a questo importante aspetto della vita di Norma Jean Baker i cui traumi troppo precoci, troppo profondi e troppo incurabili l’hanno sovraesposta alla ri-traumatizzazione implicita non solo nella cura, ma anche nei legami d’amore e nella vita.
Nessuno ha camminato leggero sui sogni di Norma Jane Baker cinicamente trasformati in incubi, impietosamente calpestati senza soluzione di continuità. Il suo autentico, ma logorante tentativo, lungo tutto l’arco della sua vita, di integrare la donna Norma Jane e la diva Marylin avrà un tragico epilogo. La sua morte, (suicidio? omicidio?) è ancora avvolta nel mistero. Fino alla fine l’icona si fa martire, la martire si fa icona. Lo sfruttamento della sua persona e della sua immagine che non si è arrestato nella vita, non si arresta neanche nella morte contribuendo così ad un implacabile martirio iconografico.