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Report di Adelia Lucattini su: “Incontro con Alan Sugarman: Psicoanalisi infantile versus Psicoanalisi degli adulti: due processi o uno?” (Serata intercentri, 5 aprile 2017)

 

 

“Rileviamo come la struttura del processo analitico del bambino e dell’adolescenza sia la stessa cui assistiamo nelle analisi degli adulti, nonostante qualche differenza tecnica…”

L'intervento si è incentrato sul dibattito attuale relativo a se la psicoanalisi dei bambini e degli adolescenti sia tutt’ora considerata diversa rispetto alla psicoanalisi degli adulti. Sugarman ribadisce come a suo avviso questa dicotomia sia una “costruzione” ed articola, a partire dall’analisi di una bambina nell’età della latenza, la dimostrazione di come il processo analitico, che si sviluppa nell’analisi dei bambini e degli adolescenti, sia strutturalmente uguale a quello dell’analisi dei pazienti adulti. Entrambi i processi, infatti, si concentrano sull’analisi delle resistenze e del transfert, che vengono usati per migliorare la conoscenza della mente del paziente da parte dell'analista. La psicoanalisi, infatti, permette innanzitutto al paziente di conoscere il funzionamento della propria mente, e per questo si differenzia anche dalle psicoterapie analitiche. Sia le tecniche utilizzate nel lavoro con gli adulti, sia quelle dell’analisi infantile, formulano interventi basati sulla valutazione, da parte dell’analista, dell’organizzazione mentale del paziente. Sugarman auspica che sottolineare i punti di contatto e la vicinanza delle due tecniche, possa favorire, da un punto di vista teorico, lo sviluppo di una teoria globale della tecnica psicoanalitica. L’Autore ha a lungo coltivato l’interesse per le azioni mutative e il processo analitico, portandolo ad integrare molteplici aspetti del funzionamento della mente, sia teorici che tecnici.

Elemento alla base del lavoro, è il concetto che nell’analisi di adulti e bambini ci sia uno stesso “processo” anche se le tecniche sono differenti.

Il processo in psicoanalisi è mutativo, mentre la tecnica è uno strumento per promuovere tale processo. Con gli adulti, essa si basa sulle libere associazioni, sull’evitamento del contatto con gli oggetti reali e sull’uso del lettino; la tecnica con i bambini si basa invece sul gioco, sul lavoro insieme ai genitori e sull’attività intesa anche in senso motorio.

Queste differenze nella tecnica sono state scelte per facilitare il processo analitico, ma il processo, non la tecnica, è ciò che definisce il trattamento.

Le differenze di sviluppo nel modo in cui la mente del bambino è organizzata rispetto alla mente dell’adulto, richiede differenti tecniche per facilitare il processo analitico.

Ma che cosa s’intende per processo analitico?

Il transfert e le resistenze sono elementi chiave, ma non costituiscono il processo analitico.

L’implicito in questa affermazione è l’assunzione che la maggior parte, ma non tutti i fenomeni mentali, coinvolgono conflitti interni e formazioni di compromesso. I conflitti intra e intersistemici sono una parte essenziale della vita mentale. Nel processo analitico il paziente esternalizza il proprio mondo interno nella cornice della relazione con l’analista. Attraverso l’analisi delle resistenze il paziente può arrivare a conoscere come e perché esse impediscono di accedere a qualcosa di importante su di sé.

Il transfert è un aspetto fondamentale delle relazioni umane, non un fatto specifico della psicoanalisi, ciò che è specifico della psicoanalisi è il processo psicoanalitico a cui noi dobbiamo prestare attenzione.

Da un punto di vista teorico, l’analisi infantile appare complicata in quanto alcuni autori hanno affermato che i bambini molto piccoli sono incapaci di insight poiché non riescono riflettere su se stessi (H. Kennedy, 1979).

Sugarman suggerisce che il problema sia rispetto alla nostra definizione di Insight.

La definizione tradizionale che l’insight è la presa di coscienza del paziente rispetto ai contenuti mentali inconsci o repressi, è basato sull’idea che le azioni mutative implicano un pensiero inconscio -conscio – topografico. Negli Stati Uniti i pensatori strutturalisti contemporanei hanno spostato l’attenzione sull’espandere le capacità riflessive dell’Io come se fossero mutative. Noi aiutiamo il paziente ad imparare ad osservare la sua mente in azione.

Sugarman sottolinea l’importanza di promuovere la piena consapevolezza interna del paziente, aiutandolo a raggiungere l’accesso alle proprie chiavi mentali, quale fattore molto più determinante rispetto al conflitto interno.

Ogni intervento che promuova la presa di coscienza profonda di se stessi è funzionale indipendentemente da come esso si manifesti. Ciò è valido sia per gli adulti che per i bambini. Recentemente, continua, “mi sono interessato a come la psicoanalisi si faccia promotrice di un di un sentimento di essere un ‘agente del Sé’ e su questo ho incentrato la mia enfasi sulla presa di coscienza profonda”.

L’intervento di Massimo Nardi inizia dall’analisi della foto della locandina della serata, scattata nel 1927, in cui Freud, rivolto alla figlia e alla nipote Eva, mostra in modo visivo la continuità tra la psicoanalisi degli adulti e quella infantile. Proprio Anna Freud fu tra le sue fondatrici procedendo dalla psicoanalisi degli adulti, con le teorie di Freud, allo sviluppo psicologico dell’individuo. Nardi illustra poi come la nascita della psicoanalisi infantile incroci e forse risenta dell’elaborazione di certi percorsi esistenziali di Freud, il cui sguardo rappresenta la proiezione verso le generazioni future che se ne nutrono e di cui anche noi siamo eredi. Il transfert va considerato nelle sue possibili molteplici declinazioni, non solo, come ci suggerisce Sugarman, quale spostamento e proiezione sull’analista di legami oggettuali passati, ma anche come transfert della struttura psichica, interpersonalizzazione della struttura psichica stessa.

Per un approfondimento della discussione di Massimo Nardi clicca qui.

Clelia de Vita, valorizzando il concetto di processo, sottolinea come Sugarman abbia proposto un allargamento della riflessione al funzionamento e ai contenuti della mente, l’“insightfulness”, che avviene attraverso tutto ciò che accade in analisi, comprendendo il non verbale, il corpo, la comunicazione in senso lato.

I bambini, come alcuni adulti, parlano con il corpo poiché, qualora ci sia un deficit di simbolizzazione, la comunicazione conscia e inconscia richiede di utilizzare altri canali. Sugarman, nella discussione, dice che si è sempre chiesto che cosa funzioni nel rapporto analitico e che cosa faccia cambiare il paziente all’interno della relazione.

Fa riferimento alla sua formazione, al suo carattere e al suo bisogno di comprendere la motivazione di quello che accadeva. In psicoanalisi abbiamo una teoria molto elegante che ci permette di avere una teoria della mente, della patogenesi e della terapia.

La discussione si concentra poi sui temi di transfert e contro-transfert con bambini e adulti. Ciò che appare importante nel contro-transfert, è sia la nostra posizione interna rispetto al paziente sia le nostre rappresentazioni interne dei genitori del paziente, intensificate dalla loro presenza concreta, nel caso di analisi infantili.

Un’altra osservazione è relativa alla co-creazione del significato. Il corpo comunica con una parte dell'inconscio, noi abbiamo bisogno di essere ricaricati anche dalle menti degli altri.

Conclude Sugarman dicendo che l’infant research dimostra che i bambini sono attivi fin da neonati nel tentare di ottenere una risposta dalle persone che si occupano di loro e questo provoca una sovrapposizione (overlapping) sia della mente cosciente sia dell’inconscio.

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